Non si dovrebbe nemmeno più spiegare l'importanza della lotta alla corruzione. Invece, basta solo un dato, per controbattere che non se ne parla mai abbastanza: in Italia, il 52 per cento delle grandi opere approvate nel 2015 è sotto inchiesta. Sarà anche per questo che l’Italia è al 61esimo posto su 168 paesi nell’Indice di Corruzione percepita nel settore pubblico, secondo lo studio che ogni anno viene redatto da Transparency International. Andiamo un po' meglio di un anno fa, quando eravamo al 69.0 posto. Ma abbiamo recuperato nei confronti del resto del mondo, perché in Europa siamo rimasti al penultimo posto, con alle spalle solo la Bulgaria e abbiamo davanti paesi come la Romania e la Grecia che non sono certo noti per la trasparenza del settore pubblico.
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Tutto questo è sempre meglio ribadirlo nella giornata mondiale nella lotta alla corruzione, che in Italia invece è passata sotto silenzio, "monito" del presidente della Repubbliva Sergio Mattarella a parte. Invece, la corruzione non è solo un reato che va perseguito penalmente. Per quanto nel 2015, solo lo 0,5% dei detenuti (299 su 53.889) è in prigione per reati di corruzione.
La corruzione è un freno alla crescita economica di un paese. Tutti gli studi sono concordi: a più alto livello di corruzione corrispondono meno competitività, meno investimenti esteri, meno produttività, meno progresso tecnico, un minor numero di imprese sane e alla fine anche più disoccupazione. Non sarà un caso, allora, se l'Italia occupa soltanto il 18°posto nel Global Competitiveness Index (World Economic Forum, 2015) che valuta annualmente la produttività e l’efficienza dei paesi. La corruzione impedisce una sana concorrenza tra imprese, costringendo al fallimento l'onesto che non si piega invece dell'incapace che è disposto a pagare.
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Così come non è un caso che nell'analisi del voto referendario si è scoperto che molti cittadini hanno votato per il No anche per impedire che il Senato potesse essere eletto dai consiglieri delle Regioni, l'istituzione che viene percepita come poco trasparente, costosa e ricettacolo di piccola e grande corruzione.
Se l'esempio non viene dall'alto, può invece arrivare dal basso. Molto dei dati qui segnalati, li trovate sul sito di Riparte il futuro: loro si definiscono come "una comunità digitale apartitica di oltre 1 milione di persone che cerca di sconfiggere la corruzione promuovendo la trasparenza e la certezza del diritto". Cosa fanno? Raccolgono dati e segnalazioni e raccolgono firme per promuovere una legge che tuteli di whistleblower, coloro che sul luogo di lavoro denunciano la corruzione e vanno tutelati per il loro coraggio. Come ricordano si tratta di "casi sempre più numerosi: nel 2015 la sola Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha ricevuto 200 segnalazioni. Una media di 17 al mese, che si mantiene costante anche nel 2016".
Così come riordano che "la Camera ha approvato lo scorso 21 gennaio una proposta di legge sulla protezione dei whistleblower, ma la Commissione Affari Costituzionali del Senato non ha ancora deciso quando metterla in calendario per discuterla".
Ma non ci sono solo loro. Ci sono altre piattaforme con cui interagire e dare un contributo come cittadini. Le ha messe in fila la collega Ilaria Liberatore, in un articolo che trovate sul sito de La Stampa. C'è ALAC, piattaforma digitale di Transparency International Italia: raccoglie segnalazioni anonime contro la corruzione (viene tenuto coperto l’indirizzo IP). Sempre da Trasparency abbiamo Curiamo la Corruzione, che si dedica alla malasanità, il settore dove maggiore sono gli sprechi (una azienda sanitaria su tre ha subito inchieste). Poi ci sono i giornalisti del nucleo IRPILeaks (“Italian Reporting Project Initiative”), che garantiscono l'anonimato con il software open source Globaleaks.
A volte basta una piccola email per ottenere grandi risultati.

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