sabato 25 febbraio 2017

Salari fermi

Buongiorno questo articolo l ho trovato su internet lo condivido con voi grazie.                                      

Gli stipendi non crescono: ecco perché l'Eurozona non si libera dello spettro deflazione

La fiammata dei prezzi registrata negli ultimi tempi è in realtà legata al caro-petrolio. Ma si esaurirà nei prossimi mesi, come riconoscono gli stessi tedeschi che vorrebbero disarmare la Bce di Draghi. Il problema è che senza rialzo dei salari non ci sarà una vera ripresa

C'è la deflazione avvolta dentro quella che viene celebrata come la ripresa dell'inflazione europea? Sembra un paradosso, ma, nella situazione attuale, non lo è. Anche se, per spiegarlo, bisogna evocare un fantasma, da tempo scomparso dal discorso pubblico in Europa: i salari. Invece, nei prossimi mesi sentiremo parlare dei pericoli dell'inflazione e della necessità di tenerla a bada, che, fra le altre cose, significa tenere ben nascosto in cantina quel fantasma.

L'onda, ancora una volta, parte dalla Germania, dove un'inflazione all'1,9 per cento - dunque a ridosso dell'obiettivo ufficiale della Bce - ha subito moltiplicato gli appelli a tagliar corto con la politica della moneta facile di Draghi, a rimettere all'in su i tassi di interesse, a rinunciare a stimolare artificialmente l'economia. A registrare la ripresa dell'inflazione non è, del resto, solo la Germania. Per la prima volta in quasi quattro anni, anzi, tutta l'Eurozona è uscita dall'ombra della deflazione: rispetto al gennaio 2016, i prezzi sono aumentati in media, nei 19 paesi dell'euro, dell'1,8 per cento. Solo che, come ha fatto capire con garbo Mario Draghi, è un miraggio creato dai riflessi di un barile di petrolio. Un anno fa, il greggio faticava a stare sopra i 40 dollari, oggi oscilla intorno a 55 dollari: un aumento di quasi il 40 per cento per uno degli ingranaggi fondamentali dell'economia. Gli esperti escludono un altro balzo simile del greggio. Dunque, quel
40 per cento sarà statisticamente assorbito nei prossimi mesi, man mano che il confronto si farà con mesi in cui il prezzo del barile era più alto. Lo ha fatto notare Draghi e c'è chi ha fatto i conti. La media dell'inflazione dell'area euro sarà dell'1,8 per cento quest'anno, per calare all'1,3 per cento nel 2018, secondo gli analisti Barclays. Per Goldman Sachs, già nel secondo semestre 2017 i prezzi rallenteranno all'1,3 per cento, per scendere sotto l'1 per cento all'inizio del 2018.

Del resto, i dati dicono che, al netto dell'energia, l'inflazione base non si schioda dall'1 per cento ormai da tre anni. E quell'1 per cento vale anche per la Germania: l'84 per cento dei prodotti, in Germania, riconoscono gli economisti di Deutsche Bank, non registrano pressioni inflazionistiche. Il pericolo deflazione, insomma, è ancora in agguato. Anzi - ecco il paradosso - questa fiammata di inflazione, finché durerà, lo renderà più minaccioso.

Più l'inflazione sale, infatti, più i salari reali scendono. Lo certifica un grafico preparato da un think tank inglese, Bca Research, da cui risulta che "quando l'inflazione arriva al 2 per cento, i salari reali vanno in recessione". E' un fatto insieme aritmetico e politico: reali significa al netto dell'inflazione. Quindi, se l'inflazione sale e i salari no, le buste paga si restringono. Meno potere d'acquisto alle famiglie, meno consumi, più pesanti i debiti, più faticosa una ripartenza dell'economia. Difficile pensare ad una vigorosa ripresa dell'economia europea se non si alimenta una componente fondamentale della domanda come i consumi delle famiglie. E senza di essa, anche l'inflazione base continuerà a languire intorno all'1 per cento. Il nodo sono le buste paga: "Perché aumenti l'inflazione base - riconoscono gli economisti della Deutsche Bank, la più importante banca privata tedesca - bisogna che crescano i salari".

Perché non crescono? Ci sono due diverse intepretazioni. La prima è che il mercato del lavoro sta cambiando e i disoccupati di ieri, nel pieno di una diffusione sempre più veloce di software e automazione, trovano lavori meno qualificati e peggio pagati. La seconda è che i lavoratori, a livello nazionale e aziendale, hanno perso potere contrattuale. Le due interpretazioni non si escludono. Il punto è che non basta sperare in una ripresa per credere ad una inversione di tendenza: in Germania - nota sempre la Deutsche Bank - c'è la piena occupazione, ma i salari non riescono a crescere più del 2 per cento.